Gruppo Remark

Con il cuore e con la testa per costruire il futuro…

Con il cuore e con la testa per costruire il futuro…

Intervista a Carla Zanni Campioli, Amministratore Delegato del Gruppo Remark

La vostra società oggi è un gruppo di rilievo, fortemente diversificato: quante persone lavorano per voi e in quanti rami (e ambiti di competenza) si suddivide il gruppo?

Direi che con noi lavorano una sessantina di persone, tra dipendenti e collaboratori. La nostra attività la svolgiamo tramite sedi in quattro province, tutte dislocate nel Nord Italia: a Modena, Mantova, Verona e Bologna.

E sì, hai ragione… la nostra è una società diversificata, che attraverso i diversi rami che la compongono cerca di far fronte a un vasto campo di esigenze.

Fondamentalmente ci occupiamo di consulenza ma su fronti diversi. C’è il ramo relativo alla Medicina del Lavoro (il nostro primo ambito di competenza, peraltro), l’area Sicurezza, e la gestione Ambiente & Rifiuti.

Iure Consulting (Consulenza Legale), Requalitas che si occupa di temi come Management e Qualità, e Reform per la Formazione.

Insomma, consulenza ma all’interno di uno spettro estremamente diversificato dove però i diversi settori sono correlati uno con l’altro.

Bene, consideriamo tutto questo come punto di arrivo (temporaneo, ovviamente). Ora vediamo di andare indietro negli anni: com’è iniziato tutto?

L’inizio della nostra attività risale al lontano ‘75: abbiamo esordito come braccio
operativo del laboratorio Neotron. Negli anni successivi abbiamo acquisito nuovi clienti nell’ambito della Medicina del Lavoro.

Nell’ ‘88 abbiamo acquisito la nostra ragione sociale ed è nata Remark, 15 anni dopo ci siamo completamente staccati da Neotron.

Se dovessi fare una specie di album dei ricordi con gli scatti più significativi che hanno scandito il vostro sviluppo…?

Dunque, il momento fondamentale, il nostro principale punto di svolta, è stato l’emanazione della Legge 626.

La legge sulla Sicurezza sul Lavoro, giusto? Che anno era, il ’94?
Sì. Quello per noi è stato un momento cruciale, in un certo senso è allora che siamo venuti alla luce. E’ vero che – come dicevo – siamo nati nel ‘75, ma ai tempi operavamo per quelle che erano fondamentalmente delle “curiosità” (non saprei in che altro modo definirle) e solo in sinergia con il laboratorio Neotron.

La legge 626 ci ha aperto un campo immenso di opportunità, la definirei uno step fondamentale all’interno di un processo legislativo iniziato qualche anno prima e proseguito negli anni successivi.

Nel ’91 era stata emanata la legge 277, che parlava di rischio piombo e rischio rumore, poi è arrivata la 626 che ha affrontato l’ambito della sicurezza sul lavoro in modo globale.

Nel 2008, poi, è stato il turno del decreto legislativo 81. Tutto questo iter legislativo – che ha rivoluzionato in modo così radicale il mondo del lavoro – ci ha fatto crescere nel bene e nel male. La crisi, per esempio, noi non l’abbiamo sentita.

O meglio, l’abbiamo un po’ sentita più per quanto riguarda ritardi nei pagamenti e mancanza di affidabilità da parte di alcuni clienti purtroppo in difficoltà, ma non a livello operativo.

Qual è la formula magica del vostro successo?

Sicuramente la passione per ciò che facciamo. Il segreto sta tutto lì. Io e Luca siamo persone che vivono di passione e in questo senso abbiamo trovato un settore che è riuscito a tirare fuori il meglio di noi.

E’ anche per questo, forse, che nella nostra azienda “si sta bene”. I nostri collaboratori passati sono rimasti nostri amici e questo, bè… ammettiamolo: non capita proprio a tutti.

I vostri collaboratori, già: secondo loro, invece, qual è la formula magica del successo della vostra azienda?

Tutti dicono che il segreto siamo io e Luca: il cuore e il cervello. Dall’equilibrio e dall’integrazione di questi due punti di vista – così diversi – nasce la nostra forza.

E anche ciò che ci distingue dai nostri competitors. Puntando solo sulla strategia per generare utili saremmo diventati come tanti altri, basandoci solo sul cuore saremmo stati poco più che una Onlus.

Unendo le due cose, invece, siamo riusciti a decollare e a costruirci un’identità che appartiene solo a noi. Soprattutto in un ambito come il nostro.

Il ruolo del consulente non è facile, ci sono ancora molte aziende che sono prevenute nei confronti del nostro lavoro. Riuscire a fare breccia in un ambito in cui la diffidenza si taglia col coltello, ti assicuro, non è cosa da tutti!

Come è cambiata la cultura della sicurezza immediatamente dopo l’emanazione della legge 626? E come sta cambiando oggi?

Quando è stata emanata la legge 626, le reazioni non sono state delle migliori.

Perché?

L’Italia è un contesto particolare, fatto di piccole e medie aziende a conduzione familiare, strutturate dai genitori e portate avanti dai figli. Abituati a lavorare senza particolari norme di sicurezza, i proprietari delle PMI hanno letto la nuova normativa come un dispendio inutile.

Lo dico come un dato di fatto, senza dare un giudizio: in realtà il problema è che è stata emanata una legge a suo modo rivoluzionaria senza preparare il terreno, cioè senza creare la cultura adatta ad accoglierla. Una cultura, peraltro, che all’estero esisteva già ma che in Italia mancava.

E’ proprio qui che interveniamo noi. Quella che cerchiamo di dare ai nostri clienti quando prendiamo un incarico, è proprio la cultura della sicurezza.

Non ci limitiamo ad applicare la norma, ma educhiamo il cliente ai suoi vantaggi… mostrandogli che la legge è anche e soprattutto un’opportunità.

In termini di sicurezza, intendi?

Anche in termini di organizzazione e (perché no?) spesso e volentieri anche dal punto di vista economico. Ci si fa raramente mente locale, ma spesso investire in sicurezza significa risparmiare a medio e lungo termine.

Ad ogni modo, tornando alla tua domanda di prima, la cultura della sicurezza è progressivamente cambiata, anche successivamente all’emanazione della 626: con il decreto 81, per esempio, che è una sorta di legge 626 “aumentata”.

In linea di massima, oggi vedo che c’è più voglia di conoscere questo settore: una maggior disponibilità ad affrontare il tema in modo costruttivo.

In parte per motivi naturali – parlo soprattutto del gap generazionale – e in parte perché finalmente nelle scuole si è iniziato a fare formazione in merito, creando le condizioni per la nascita e la diffusione di una nuova mentalità.

Credo davvero molto nell’importanza della scuola: in questo senso stiamo partecipando attivamente al cambiamento, tenendo alcuni corsi volti a informare e sensibilizzare gli studenti.

Insomma, sembra che le cose stiano cambiando in meglio… eppure il tema delle morti sul lavoro è ancora attualissimo.

Al di là dello spazio che i media stanno dando al problema, secondo te da questo punto di vista il mondo è cambiato in meglio o in peggio?

Paradossalmente, in termini meramente numerici, la situazione era migliorata durante la crisi… ma solo per un motivo: c’era meno lavoro! Ora che l’Italia sta uscendo dalla crisi, invece, le morti sul lavoro sono tornate a crescere, come mostrano i dati INAIL.

Quindi si stava meglio quando si stava peggio?

No, affatto. Al di là dei numeri (che, come ti dicevo, sono in buona parte condizionati dal fatto che il mondo del lavoro si è rimesso in partenza) oggi c’è maggiore interesse per il tema della sicurezza.
E anche la riduzione del lavoro in nero sta giocando un ruolo positivo.

Parliamo della vostra azienda: qual è stato il punto di forza della gestione di tuo padre e quali sono stati i cambiamenti o il valore aggiunto che avete portato tu e Luca?

Mio padre ha dato a Remark qualcosa che ancora ci distingue: l’anima. Il dottor Zanni è un medico vecchio stile, di quelli che non hanno mai guardato al business in quanto tale.

Detta in altri termini, mio padre ha creato un’azienda con l’obiettivo di migliorare il mondo del lavoro a partire dal suo ambito di riferimento: la Medicina del Lavoro, appunto.

Io e Luca abbiamo portato avanti questa prospettiva… aggiungendo però quello che è stato il nostro elemento distintivo: l’organizzazione. Abbiamo cioè ristrutturato Remark dalle radici, trasformandola in un’azienda moderna, al passo coi tempi.

Immagina di avere la macchina del tempo e di andare nel futuro. Come vedi il vostro sviluppo?

Attualmente stiamo perfezionando l’acquisizione di una sede su Milano e questo già la dice lunga su quello che credo sarà uno dei nostri ambiti di sviluppo: l’espansione territoriale.

Il nostro sviluppo, credo che scorrerà principalmente su tre binari: l’espansione territoriale, cioè la geolocalizzazione della nostra attività, l’espansione del canale retail e un’ulteriore espansione in termini di franchising. Quella che prevediamo, quindi, è una crescita globale, su più piani.

Dal momento che parliamo di futuro, qual è il ruolo della tecnologia nello sviluppo di un’azienda moderna?

Fondamentale, direi! Da diversi anni a questa parte, infatti, abbiamo costruito la nostra attività imprenditoriale mettendo al centro la tecnologia.

Abbiamo iniziato con l’introdurre un CRM (customer relationship management) a cui abbiamo affidato la gestione informatica della nostra attività, dopodiché abbiamo cominciato a costruire (ed è costantemente in fase di sviluppo) un software per la gestione informatizzata di tutta la documentazione necessaria in materia di sicurezza e ambiente: uno strumento utilissimo che ci consente di gestire adeguatamente il nostro scadenziario e la gestione completa delle commesse.

Ultimamente siamo anche entrati in un progetto di ricerca e sviluppo di nuove tecnologie 4.0: un chip che permetta di monitorare gli strumenti di sicurezza presenti all’interno delle aziende.

Per esempio, per quanto riguarda gli estintori è difficile valutarne la capacità di funzionamento e soprattutto se funzioneranno quando ce ne sarà eventualmente bisogno.

La norma prevede che ogni 6 mesi un’impresa esterna effettui il controllo degli estintori, ma nell’arco di 6 mesi – si sa – può succedere di tutto.

Per questo – in sinergia con Doctor Fire – stiamo mettendo a punto un chip che una volta al giorno manderà un segnale alla centrale, visibile sul cellulare del cliente.

Il segnale fornirà i parametri necessari per verificare se l’estintore funziona o meno.

Stiamo tra l’altro studiando il modo di collocare questo tipo di micro chip anche sulle macchine operatrici, dove avvengono la maggior parte degli infortuni sul lavoro.

Il problema, in questi casi, è che i dispositivi di sicurezza vengono spesso e volentieri bypassati dagli operatori stessi: un micro chip ad hoc sarebbe quindi utilissimo anche a monitorare il dipendente in questo senso.

Si parla sempre più spesso di industria 4.0: rispetto al vostro settore, quale credi che sarà il futuro dell’apporto umano?

Senza dubbio si andrà incontro a una riduzione esponenziale di un certo tipo di figura, come l’operatore a bordo macchina, per esempio.

Detto questo, le macchine per funzionare hanno bisogno di tecnologie che devono essere messe a punto, sistemate e curate da operatori tecnici in carne e ossa.

Per come la vedo io, quindi, si assisterà alla nascita di nuove mansioni per ambiti diversi: controllo KPI, gestione dati… nasceranno poi nuove figure legate alla parte elettronica e elettrotecnica e nell’ambito della gestione telematica del processo industriale.

E’ in questo senso, quindi, che credo che il cambiamento vada affrontato anche in termini di opportunità.

Stai per spegnere le candeline: puoi esprimere un desiderio…

Dal punto di vista umano mi piacerebbe riuscire a dare anche in futuro soddisfazioni e nuovi trampolini di lancio sia ai nostri clienti sia ai ragazzi della nostra squadra. Più in generale vorrei che continuassimo a evolvere e a cambiare rimanendo però fondamentalmente noi stessi.

Il punto di forza di un’azienda moderna, secondo me, è la capacità di coordinare elementi diversi come tradizione e innovazione. Andare avanti, quindi… senza però perdere quelle che sono le proprie radici.

A cura di Martina Fragale

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